A MATTEO RENZI, SEGRETARIO DEL PARTITO DEMOCRATICO

Egregio Segretario,

il suo jobs act, come lei scrive, è un documento aperto al contributo di tutti (nel linguaggio informatico si usa il termine "open source"), e quindi ne ho subito approfittato per esprimere il mio modesto pensiero, se non altro come cittadino pensante di questo Paese.
Veniamo subito alla questione centrale, la crisi economica che sta investendo il sistema Italia. Lo scrive proprio lei qual è il problema dell'Italia: "per la Banca Mondiale siamo al 73° posto al mondo per facilità di fare impresa (dopo la Romania, prima delle Seychelles). Per il World Economic Forum siamo al 42° posto per competitività (dopo la Polonia, prima della Turchia)."
É esattamente quello che ho sempre pensato e scritto in varie occasioni, anche se non ho la pretesa che se ne siano accorti in molti: l'Italia è in grave difficoltà poiché il suo apparato produttivo, essenzialmente formato da industria medio-piccola, nel corso degli anni ha perso competitività sul mercato globale per l'ascesa di Nazioni che potevano offrire gli stessi prodotti ad un prezzo inferire.
Qualcuno, in maniera semplicistica, potrebbe pensare che per rendere competitive le nostre aziende basterebbe ridurre il costo del lavoro e il "gioco" a quel punto sarebbe fatto! Non credo sia così, poiché tale costo non potrà mai scendere ai livelli di competitors che hanno una realtà socio-economica, culturale ed anche di rappresentanza completamente diversa.

Dunque, per un'azienda, l'unica, realistica possibilità di sopravvivenza è elevare il livello qualitativo della produzione e recuperare gli spazi che ha perso rivolgendosi ad altri tipi di mercato: non credo ci siano strade diverse. (Non a caso l'Italia, negli ultimi anni, ha perso una larga fetta del suo impianto produttivo!) (Al tempo della Fornero, quando si parlava molto di art. 18, gli imprenditori facevano presente che il problema non era l'art. 18, ma la mancanza di commesse!)
Ma per produrre ad un livello qualitativo più elevato, un'azienda deve investire capitali che, se non ha, deve reperire nel più breve tempo possibile, pena il suo fallimento. La questione dunque è come reperire i capitali necessari: in quest'ottica il ruolo del governo della Nazione e delle banche è fondamentale, poiché sono loro che dovrebbero avere i"giusti argomenti di tipo finanziario e di regole" da proporre ed utilizzare.
Dico dovrebbero, poiché, come sta avvenendo nel nostro Paese, fino ad ora non sembra che i due soggetti, soprattutto il governo, abbiano tali "giusti argomenti" pronti per essere utilizzati.

Fa bene lei, nel suo jobs act, a preoccuparsi del lavoro (quando la disoccupazione giovanile supera il 41%, il livello di guardia deve essere altissimo!) e ad individuare nella perduta competitività delle imprese il problema principale da risolvere in fretta. La questione delle questioni è perciò ridare "ossigeno" alle imprese per ridare "ossigeno" anche alle famiglie: è fondamentale ed inderogabile, oserei dire vitale!"

Ma come reperire i fondi necessari per ridurre il costo del lavoro o/e fornire direttamente alle imprese immediati finanziamenti sotto forma di prestiti? É una domanda alla quale è facilissimo rispondere in termini teorici, più difficile in termini pratici.

Ma è la domanda che, fin dai primissimi giorni di vita del governo, avrebbe dovuto porsi Enrico Letta e i suoi ministri e che, purtroppo, sembra si siano posti solo in maniera parziale.
Dico in maniera parziale, poiché l'unica iniziativa importante presa dal governo Letta è stata la spending review affidata a Carlo Cottarelli. Come lei stesso ha detto, guardando dall'esterno si fa fatica ad individuare qualche iniziativa che vada o sia andata nella direzione giusta: solo iniziative pasticciate, interventi del Capo dello Stato, rapidi dietrofront e poco altro.

Davvero si può pensare, realisticamente, di invertire le sorti dell'Italia, senza chiedere nulla all'evasione fiscale (180 miliardi di euro, dati ufficiali), alla corruzione (60 miliardi), alla criminalità organizzata (alcuni dati, tempo fa, facevano riferimento ad un 40% di ricchezza sottratta alla comunità), a chi in questi anni ha avuto la fortuna di conservare intatto il suo patrimonio o addirittura ampliarlo, ed accontentarsi di 12, miseri (irritanti) miliardi recuperati dall'evasione, con l'aggravante di un debito pubblico che lievita ogni mese in maniera preoccupante?

Io francamente penso proprio di no! No, non mi sembra una cosa possibile, non nella logica delle cose, a meno che non ci si accontenti di pseudo miglioramenti o ripresine che abbiano poco o nulla di sostanziale e non si chieda cosa ne pensa a quel 41 % di giovani che al momento non ha futuro!!

Obiettivamente, se si vuole una grande inversione di marcia, credo non si possa prescindere dal recupero di importanti risorse sottratte alla comunità!

Dunque, all'atto dell'insediamento del nuovo esecutivo,  subito iniziative che potessero incominciare a rimettere in moto la produzione industriale (è quello che io, molto modestamente, avrei posto in essere immediatamente).
Per un risultato di prospettiva, subito varo di leggi che avessero come obiettivo dichiarato il contrasto forte, molto forte, all'evasione fiscale (da non reclamizzare troppo) e alla corruzione (da reclamizzare molto!), poi, per un risultato di immediato impatto, insieme ad iniziative di contenimento della spesa, richiesta di "partecipazione attiva" a chi, in questi anni, non ha affatto risentito della crisi, anzi, in alcuni casi se ne è giovato per arricchirsi sempre di più (rendite finanziarie, grandi imprese, grandi patrimoni, manager d'oro,....ecc. Vogliamo chiamarla ridistribuzione della ricchezza? Faccia lei!
A tale proposito mi viene in mente la disponibilità espressa dall'imprenditore Francesco Caltagirone, ospite tempo fa della giornalista Lilli Gruber, a fare la sua parte in caso di iniziative concrete che fossero arrivate dal governo: se si è detto disponibile lui, perché non accontentarlo...?! Qualcuno se n'è accorto?
A questo punto, e quindi dopo poco tempo, inizio delle grandi riforme, quelle che, come lei giustamente sostiene, sono alla base di un effettivo cambio di marcia.


É evidente che un impianto di questo genere, così importante ed impegnativo, ha bisogno (o avrebbe bisogno) di un governo forte, con idee molto chiare e comportamenti risoluti, tutto il contrario del modo di agire titubante, molto incerto dell'attuale esecutivo; inutile cercare di individuarne le cause, anche se sarebbe abbastanza facile farlo, quello che conta veramente ora è cambiare radicalmente marcia, perché il tempo stringe.
Domanda obbligata:< È in grado, il governo Letta, di agire immediatamente nella giusta direzione, anche considerando che i suoi "compagni di viaggio" non mi sembra abbiano la forza e la convinzione necessarie, oppure sarebbe soluzione migliore tornare a votare per avere, finalmente, un governo capace di muoversi con concretezza e chiarezza d'idee risolutive?>.
Credo che la risposta la possa dare solo lei e il suo partito dopo un'attenta e ponderata valutazione dei fatti. (Non credo la possa aiutare lo stesso Letta, sempre molto sicuro nel suo percorso, fin da quando portò tutti i ministri in una abbazia per fare "gruppo", assolutamente convinto che il suo fosse un "governo politico a tutto tondo - sue testuali parole -" (ed infatti si è visto poco dopo quanto lo fosse, con B. condannato e poi privato della carica di Senatore e quindi fuori a fare opposizione, e pochi transfughi rimasti a fare maggioranza!).
(Non credo che la possa aiutare neppure il Presidente Napolitano, granitico nel ritenere fondamentale dare dell'Italia un'immagine di stabilità, anche in vista del semestre europeo).
Allo stato attuale, con molto tempo perso e con le importanti riforme che lei sta sollecitando, personalmente (e molto modestamente) credo che la soluzione migliore, e più saggia, debba essere quella di "varare in fretta tali riforme", poi, se ci dovesse essere tempo sufficiente..! (Un anno e mezzo è così lungo..!)

L'Italia ha bisogno di una profonda, radicale trasformazione dal punto di vista economico, strutturale e di coscienza del proprio ruolo da parte del cittadino, da effettuare nel più breve tempo possibile: può un governo di questo tipo, così disorientato, bisognoso di continui input, dopo un anno praticamente perso, corrispondere con autorevolezza ad esigenze così pressanti ed impegnative? Il Presidente del Consiglio è-sarebbe Enrico Letta o lei? (È un'altra delle "Italiche cose" di cui l'Italia non ha assolutamente bisogno!)

Cordiali saluti e buon lavoro.


Roma li 18/01/2014
CLAUDIO ARDITI

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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